"Mio padre aveva lavorato come giornalista, quindi ho messo a frutto la sua vecchia macchina da presa Nikon. Da quel momento non ho mai pensato di fare altro».
Uno dei talenti emergenti più promettenti del mezzo, Jake Michaels è un fotografo con sede a Los Angeles le cui immagini profondamente accattivanti esplorano poeticamente la quotidianità.
Si interessò per la prima volta alla fotografia durante la prima adolescenza, dopo che suo padre gli aveva regalato una macchina fotografica. Al tempo, la maggior parte dei suoi amici erano dentrocoinvolto bande garage o, dentro, come moto a luogo, andare da dentro a fuori: I put my hand inTO my pocket = metto la mano in tasca skateboard, e lui, quindi,ha trovato il suo nuovo acquisizione lo strumento perfetto per documentare ed esplorare questi interessi.
Ha continuato a studiare belle arti al California's Art Center College of Design, e ora lavora su progetti commerciali e personali in una vasta gamma di stili e generi, inclusi documentari, ritratti e street photography.
Come ci si aspetterebbe da un artista con un repertorio così vario, Michaels trae ispirazione da parte di, ed è influenzad da, una varietà di fonti. Cita praticanti iconici, Harry Gruyaert e August Sander, meno conosciuti pfotografo e regista, Barry Lewis, e artista concettuale inglese, Simon Starling, però ha anche trova impulso nella produzione quotidiana delle principali agenzie di stampa fotografiche, AP, REUTERS e AFP, con il suo ambiente quotidiano.
“Per me, non sono solo le immagini che influenzano il mio occhio, ma il luogo, le persone e l'esperienza. L'ispirazione può essere trovata ovunque, dalle piccole cose della vita al lavoro di artisti e fotografi affermati. È importante passare il tempo solo osservando a volte.”
lui apprezza 'tradizionale' street photography, sebbene he è anche interessato a ciò che descrive come: "lavori più basati sui processi", vale a dire, “quando c'è una sorta di profondità e significato dietro un concetto, una serie o una fotografia stessa”. Questa è una valutazione appropriata delle sue stesse immagini, poiché trascendono la mera estetica, trasmettendo l'essenza stessa della scena, ed evocando così una risposta interiore all'interno dello spettatore.
Anche le sue rappresentazioni dei soggetti più apparentemente innocui sono spesso profondamente avvincenti; suggestivo; intrigante e suggestivo, guidato da un'impressionante comprensione della luce, un occhio acuto per colore, e una percettività innata.
Tuttavia, gran parte del suo lavoro è anche il risultato di una considerevole pianificazione e ricerca. Lui confessa che passa più tempo a esplorare che a fotografare, e spesso vaga per le strade di nuovi quartieri, valutando il paesaggio e la luce, riflettendo su come catturarli in un secondo momento. Detto questo, come la maggior parte dei grandi artisti, lui sempre consente spazio all'intuizione.
"A volte ho un'idea ma quando si tratta di eseguirla, non si traduce molto bene. E a volte mi imbatto in una scena in una strada e so immediatamente come voglio catturarla. Non ci sono regole rigide quando si tratta di creatività”.
Il suo corpus più recente di lavoro, c.1950, iniziato come un progetto di ricerca che in seguito divenne a New York Times pezzo e, infine, la sua prima monografia, recentemente pubblicata da Settanta. Un ritratto profondamente avvincente dei Mennoniti del Belize, ne possiede in abbondanza, tutte le rare qualità che definiscono il suo altro lavoro, ed è, nelle sue stesse parole, un progetto che "incapsula" la sua attenzione all'interno della fotografia: 'una miscela di cultura, luce e luogo.'
Tutte le immagini © Jake Michaels